lunedì 3 maggio 2021

Traduzione

 

Come deve essere una traduzione fatta bene? Sicuramente, possiamo dire come non deve essere una traduzione fatta bene: non deve essere letterale (salvo eccezioni) e non deve essere pedissequa. |Estetica e fedeltà Non voglio citare Fabrizio De Andrè, che a sua volta citava Benedetto Croce, secondo cui è meglio una traduzione bella e infedele rispetto a una fedele ma brutta. Del resto, tradurre viene dal latino transducere, condurre oltre, condurre in un altro luogo. La tradotta è un convoglio militare che trasporta militari. Tradotta, trasportare. Inoltre, tradurre condivide l’etimologia con tradire. Quando si tras-porta un testo in un’altra lingua, qualcosa dell’originale inevitabilmente si perde, cambia e avviene un tradimento, cioè non è fedele. |In fiammingo tradurre si dice vertalen: ver significa lontano e taal lingua. |Quando diciamo una cosa a chi vive lontano, che parla una lingua diversa dalla nostra, non possiamo pretendere che ci capisca se ci limitiamo a fare delle traduzioni alla lettera. 

 

  SEO 

Quando si tratta di copywriting, più che all’estetica, guardiamo alla leggibilità e alla Seo. Come ho già scritto altrove, l’incipit de “I Promessi Sposi” è perfetto per un sito di turismo, ad esempio per la Pro Loco: le prime parole devono far capire al navigatore di che cosa si sta parlando. 

 

 NANNI SVAMPA, IL FRANCESE E UNA TRADUZIONE FATTA BENE

 

 Voglio, invece, rifarmi a una frase pronunciata da Nanni Svampa nel corso di un concerto. Disse che il più grande servigio (sic) che lui aveva offerto a Brassens era stato quello di calarne le canzoni nella realtà meneghina. E così prese quei brani, li tradusse in milanese e li ambientò a Porta Romana, a Lambrate, al Verziere. Sempre in un live, disse: “Come si poteva tradurre in milanese Fernand? Quand pensi a la Cesira”. Restando in tema, in un testo francese che dovevo tradurre per il mercato italiano c’era il termine “Hexagone”, che è un soprannome della Francia. L’ho reso con “Stivale”. Tutto questo per dirvi che una traduzione fatta bene tiene conto anche del contesto e di chi la leggerà. 

 

LE PAROLE HANNO IL LORO SIGNIFICATO: USIAMOLO Chi la legge deve capire subito quello che si vuole dire e non deve fare troppi sforzi inutili. E le frasi non devono suonargli strane. Le parole del testo devono avere la stessa accezione che hanno comunemente, a meno che non si tratti di terminologia tecnica: ad esempio, in Essere e Tempo, Heidegger fa un uso particolare di alcuni termini e di alcune espressioni comuni, ma lui era Heidegger, probabilmente il più grande filosofo del XX secolo). 

 

 UN SEGRETO: L’ITALIANO PREFERISCE I TERMINI STRANIERI 

 

A volte, addirittura, chi vuole fare una traduzione fatta bene non traduce alcuni termini e alcune espressioni. Infatti, certe parole straniere hanno attecchito talmente tanto nella nostra lingua da farci suonare strane quelle italiane. Del resto, chi, per ordinare un piatto di roast-beef, direbbe: “Vorrei del lombo di bue”. Lombo di bue fu una genialata del nostro Regime. Ma oggi su Youtube si trovano filmati a tema calcistico con “obiettivo” invece di “gol”. Chi ha caricato il video probabilmente ha usato Google Transalate che ha fatto il suo dovere, cioè ha tradotto gol con obiettivo. Era compito dell’umano, con la sua intelligenza umana, apportare le modifiche necessarie. 

 

 UN CASO DIVERTENTE DI NON CONTESTUALIZZAZIONE 

 

A volte, al contrario, non sarebbe opportuno tradurre, ma non solo non lo si fa, ma non si contestualizza. Se si usa un termine straniero entrato nella nostra lingua ma che usiamo in un’accezione diversa da quella originale, bisogna tenere conto di questo cambiamento: che dire di quella pubblicità che utilizzava “film” nel senso di “pellicola”? Certo, in inglese “film” vuol dire “pellicola”, ma in italiano vuol dire film, quello che vede al cinema o in televisione (adesso, anche su smartphone, tablet e pc). Altre volte, invece, lasciare una parola nella lingua originale può dar vita a delle conseguenze buffe. Qualche anno fa, c’era una pubblicità che utilizzava il termine spagnolo “chula”. A naso, dovrebbe significare “carino”, “wow”, “nice”. Non escludo che sia imparentato con “cool”. Se ne vedevano un po’ anche a Milano. Il problema è che suona un po’ come “ciula”, parola milanese non proprio lusinghiera. 

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