Come deve essere una traduzione fatta bene? Sicuramente, possiamo dire come
non deve essere una traduzione fatta bene: non deve essere letterale (salvo
eccezioni) e non deve essere pedissequa. |Estetica e fedeltà Non voglio citare
Fabrizio De Andrè, che a sua volta citava Benedetto Croce, secondo cui è meglio
una traduzione bella e infedele rispetto a una fedele ma brutta. Del resto,
tradurre viene dal latino transducere, condurre oltre, condurre in un altro
luogo. La tradotta è un convoglio militare che trasporta militari. Tradotta,
trasportare. Inoltre, tradurre condivide l’etimologia con tradire. Quando si
tras-porta un testo in un’altra lingua, qualcosa dell’originale inevitabilmente
si perde, cambia e avviene un tradimento, cioè non è fedele. |In fiammingo
tradurre si dice vertalen: ver significa lontano e taal lingua. |Quando diciamo
una cosa a chi vive lontano, che parla una lingua diversa dalla nostra, non
possiamo pretendere che ci capisca se ci limitiamo a fare delle traduzioni alla
lettera.
SEO
Quando si tratta di copywriting, più che all’estetica, guardiamo alla
leggibilità e alla Seo. Come ho già scritto altrove, l’incipit de “I Promessi
Sposi” è perfetto per un sito di turismo, ad esempio per la Pro Loco: le prime
parole devono far capire al navigatore di che cosa si sta parlando.
NANNI SVAMPA, IL FRANCESE E UNA TRADUZIONE FATTA BENE
Voglio, invece, rifarmi a una frase pronunciata da Nanni Svampa nel
corso di un concerto. Disse che il più grande servigio (sic) che lui aveva
offerto a Brassens era stato quello di calarne le canzoni nella realtà
meneghina. E così prese quei brani, li tradusse in milanese e li ambientò a
Porta Romana, a Lambrate, al Verziere. Sempre in un live, disse: “Come si
poteva tradurre in milanese Fernand? Quand pensi a la Cesira”. Restando in
tema, in un testo francese che dovevo tradurre per il mercato italiano c’era il
termine “Hexagone”, che è un soprannome della Francia. L’ho reso con “Stivale”.
Tutto questo per dirvi che una traduzione fatta bene tiene conto anche del
contesto e di chi la leggerà.
LE PAROLE HANNO IL LORO SIGNIFICATO: USIAMOLO Chi la legge deve
capire subito quello che si vuole dire e non deve fare troppi sforzi inutili. E
le frasi non devono suonargli strane. Le parole del testo devono avere la stessa
accezione che hanno comunemente, a meno che non si tratti di terminologia
tecnica: ad esempio, in Essere e Tempo, Heidegger fa un uso particolare di
alcuni termini e di alcune espressioni comuni, ma lui era Heidegger,
probabilmente il più grande filosofo del XX secolo).
UN SEGRETO: L’ITALIANO PREFERISCE I TERMINI STRANIERI
A volte, addirittura, chi vuole fare una traduzione fatta bene non traduce
alcuni termini e alcune espressioni. Infatti, certe parole straniere hanno
attecchito talmente tanto nella nostra lingua da farci suonare strane quelle
italiane. Del resto, chi, per ordinare un piatto di roast-beef, direbbe:
“Vorrei del lombo di bue”. Lombo di bue fu una genialata del nostro Regime. Ma
oggi su Youtube si trovano filmati a tema calcistico con “obiettivo” invece di
“gol”. Chi ha caricato il video probabilmente ha usato Google Transalate che ha
fatto il suo dovere, cioè ha tradotto gol con obiettivo. Era compito
dell’umano, con la sua intelligenza umana, apportare le modifiche necessarie.
UN CASO DIVERTENTE DI NON CONTESTUALIZZAZIONE
A volte, al contrario, non sarebbe opportuno tradurre, ma non solo non lo
si fa, ma non si contestualizza. Se si usa un termine straniero entrato nella
nostra lingua ma che usiamo in un’accezione diversa da quella originale,
bisogna tenere conto di questo cambiamento: che dire di quella pubblicità che
utilizzava “film” nel senso di “pellicola”? Certo, in inglese “film” vuol dire
“pellicola”, ma in italiano vuol dire film, quello che vede al cinema o in televisione
(adesso, anche su smartphone, tablet e pc). Altre volte, invece, lasciare una
parola nella lingua originale può dar vita a delle conseguenze buffe. Qualche
anno fa, c’era una pubblicità che utilizzava il termine spagnolo “chula”. A
naso, dovrebbe significare “carino”, “wow”, “nice”. Non escludo che sia
imparentato con “cool”. Se ne vedevano un po’ anche a Milano. Il problema è che
suona un po’ come “ciula”, parola milanese non proprio lusinghiera.
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