venerdì 11 giugno 2021

Personaggi delle storie (transmedia st ma anche st normale)

 

Quando facciamo agire i personaggi, dobbiamo valutare bene su quali social vanno. Sempreché ci vadano. Magari non lo fanno, magari usano solo blog e vanno sui siti. Magari non vanno su Internet.

In ogni caso, il linguaggio e il social devono essere consoni.

Ricordatevi il discorso dei social, dello stile e del registro linguistico.

Ad esempio, se è un professionista, è facile che usi Linkedin.

Ai tempi (Anni 2000) i musicisti usavano Myspace.

Abbiamo già parlato dei dialoghi e della necessità di trovare un equilibrio tra realismo e il fatto che stiamo scrivendo, che quando facciamo parlare i personaggi di una storia scritta non possiamo ricorrere a un realismo tout court.

Ma il modo di parlare deve essere autentico. Grazia Deledda, quando parlava come voce fuori campo, usava un linguaggio alto, ma i suoi personaggi, persone umili, no.

I personaggi di Bukowsky hanno un linguaggio da bar dei bassifondi di Los Angeles. Attenzione: mi piace Bukowsy ma non i bukowskyani, cioè quelli che cercano di imitarlo senza tenere conto del contesto. Si trovano delle frasi che nessuno direbbe mai.

I personaggi devono essere autentici, avere un carattere e interagire tra loro e con il pubblico usando i canali giusti e i linguaggi giusti.

Quando parlano direttamente con il pubblico creano empatia e coinvolgono. Ad esempio, Alex di Arancia Meccanica si rivolge direttamente al pubblico. Ma forse è più facile quando è l’autore che si rivolge al pubblico.

Il linguaggio deve informare, confondere, sedurre, stupire, terrorizzare eccetera. Fateci caso: quando diciamo qualcosa, non ci limitiamo mai a dirla e basta, ma c’è sempre qualcosa oltre.

Rabbit hole

 

Il rabbit hole è il modo in cui attiriamo l’utente nella nostra storia. 

Il nome, come avrete intuito, viene dalla tana del Bianconiglio attraverso cui Alice entra nel Paese delle Meraviglie.

L’esempio più lampante è l’incipit di un libro, quelle righe che ci fanno decidere se acquistare o meno un libro (o analogamente la prima scena di un film). Anche il trailer di un film può essere un rabbit hole.

Attenzione: ci sono film e libri bellissimi il cui incipit non è niente di che. L’importante è che non sia respingente.

 

A me piace questo:

Incipit Stupori e tremori

Il signor Haneda era il capo del signor Omochi, che era il capo del signor Saito, che era il capo della signorina Mori, che era il mio capo. E io non ero il capo di nessuno.
Si potrebbe dire diversamente. Io ero agli ordini della signorina Mori, che era agli ordini del signor Saito, e così di seguito, con la precisazione che gli ordini verso il basso potevano saltare i gradini della scala gerarchica.
Per cui, alla Yumimoto, io ero agli ordini di tutti.

 

Altri esempi di rabbit hole:

link a un sito

codice qr

meta description

un video

un messaggio in uno spot

un adesivo

guerilla marketing

Un volantino/brochure/dépliant

Un cartellone pubblicitario

Le prime note di una canzone

Un’immagine

(Eccetera)

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Il rabbit hole è l’inizio di un percorso di progettazione.

Il rabbit hole è uno degli elementi strutturali del transmedia storytelling.

giovedì 10 giugno 2021

Prosopea

https://www.youtube.com/watch?v=hJE5s4OUaBs 


Parlano degli oggetti. Quindi è una prosopopea.

Cappuccetto rosso/2

 https://www.laurabartoli.com/vera-storia-di-cappuccetto-rosso-storytelling/


Considerazioni:

1) Non sono così così convinto che non esista la scrittura per la scrittura, il racconto per il gusto del racconto. Oscar Wilde scrisse: tutta l'arte è perfettamente inutile. Ossia, è il trionfo dell'estetica. Anche questa è un estremizzazione. L'arte che vuole essere educativa, pedagogica, che trasmette valori esiste ma non è l'unica. 



2) Sono invece d'accordo sul fatto che nessuno compri un oggetto solo per l'oggetto, ma per l'utilità e l'esperienza che ne può ricavare.

Se comprate una bottiglia di vino da collezione che non berrete mai l'emozione è avere qualcosa di raro.


Nel libro la Signora Miniver la protagonista vuole comprare un cestino di vimini perché le fa tenerezza.

Lo personifica. In un altro passo dice che le automobili hanno quasi una volontà propria e che sono qualcosa a metà tra i mobili e gli animali domestici. il libro è del 1940.

Il mio docente di teoretica della Statale Paolo D'Alessandro parlava di "oggetti quasi soggetti", cui attribuiamo una volontà e una personalità. Non vediamo il pc e il cuscino allo stesso modo. Diciamo "il computer (o la macchina o il telefono) non si vuole accendere", "ha dei problemi", "è morto". "ha qualcosa che non va". 

Anche le parola connessione-connettere, legate all'intelligenza, e prendere "umanizzano" la tecnologia.


Siamo quasi in una prosopopea.

La sicurezza della password

Ciao, sapete che è possibile effettuare test per verificare la sicurezza digitale della vostra password? Questo articolo è rivolto a colo...